L'AMORE ALLA PORTA di Gian Luca

Arrivò l’amore e lo trovò spettinato.
Si trattava di aprire alla persona giusta e sarebbe stata tra tutta quella folla di passeggeri del suo zerbino, l’unica ad aver perso la strada in una cittadina dove le vie sono tutte ad angolo retto e hanno bei cartelli azzurri con nome e numero.
All’impiedi e spiazzato a mostrare un impatto non certo dei migliori.
Amore a prima vista già, occhi che guardano occhi e all’improvviso non ha più senso niente di quello che fino a poco prima l’aveva, il lasciar riposare la pasta per la pizza almeno un ora prima di impastare: non aveva più senso.
Usare i dopobarba alternandoli per avere tutte le boccette con il liquido alla stessa altezza: non aveva più senso.
Allineare lo zerbino con il bordo del gradino, pettinare l’erba da sinistra verso destra, levare le foglie gialle dal fico beniamino: non aveva più senso.
All’inpiedi con le ciabatte marroni che si incrociano sulle dita, con in mano una scatola di cereali, con la maglietta ancora addormentata appesa ai boxer con l’elastico girato perché se no ti fanno il segno.
All’impiedi come uno che sta in piedi davanti alla sua porta bussata all’improvviso.
Toc toc sono l’amore, quello che da oggi in poi entrerà nella tua testa, si accomoderà sul divano dei tuoi pensieri, ci starà comodo, deciderà di fermarsi.
Con il tempo scenderà nella cantina del tuo cuore a prendere bottiglie di vino, sorseggerai quel vino che era tuo ma che adesso ha un nuovo sapore.
E mangerai, infiniti pranzi e avrai voglia di dolce perché è bello aspettarsi qualcosa alla fine dopo molte portate annunciate.
Guarderai l’amore attraverso colline di budino trasparente, lo osserverai come una scultura difficile da comprendere ma bella da ammirare.
Non saprai mai.
Cercherai di navigarlo come una mano fuori dal finestrino che gioca con il vento, cercherai di scoprirne gli ingredienti sforzando i tuoi occhi a leggere i caratteri troppo piccoli appiccicati al barattolo dove è conservato.
Lo sentirai come un cappotto comodo e a volte lo userai per asciugarti i capelli.
Un giorno andrà via senza lasciarti nemmeno un biglietto impiccato al frigo da una calamita.
Ti arrabbierai, griderai, piangerai, romperai piatti cercando di dare ai cocci forme di soddisfazione.
Poi penserai che sia meglio così, te ne farai una, dieci, mille ragioni; comincerai a provare stanchezza e rimarrai seduto a guardarti le mani finchè il buio le confonderà con la rassegnazione.
Alla fine lo cercherai tra le pieghe del divano, nei fondi di caffè, tra le briciole dei grissini rimaste in fondo al pacco.
Poi, stanco, ti guarderai nello specchio, aggiusterai quei capelli vicino all’orecchio e ricomincerai ad aspettare.

FINE

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